LAZIO ROMA GIORGIO SANDRI / ASROMALIVE.IT Il giorno del derby della Capitale ricorreva anche l’anniversario della morte di Gabriele Sandri. Una ricorrenza che trascende il tifo e che per qualche momento, ha fatto sentire le due curve più vicine.
Queste le parole del papà del ragazzo scomparso rilasciate a romanews.eu.
Domenica c’è stato un ricordo dei tifosi per Gabriele che è rimasto ancora nei cuori di tanti ragazzi e di tante persone, sono passati cinque anni…
“Non avevo dubbi che i ragazzi della Roma e della Lazio, tutti insieme ricordassero Gabriele in maniera esemplare, sono stati cinque minuti di applausi da brividi e per questo ringrazio i ragazzi della Sud e della Nord. Questi cinque anni trascorsi da quando quell’11 Novembre 2007, Gabriele venne a mancare per un gesto folle, io ho imparato a conoscere tanta gente, tanti giovani che mi sono stati vicino e mi hanno dato la forza di andare avanti e di lottare per far si che la verità venisse fuori e senza di loro sarebbe stato sicuramente un percorso più difficile e per questo voglio ancora ringraziarli perché siamo riusciti a far emergere la verità, perché ancora oggi dopo cinque anni ci sono accanto in maniera eccezionale e quindi tutti i giovani non solo della Roma e della Lazio ma di tutte le tifoserie d’Italia le voglio abbracciare e dirgli grazie, vi voglio bene”.
Questo episodio viene legato al calcio perché Gabriele stava andando a vedere la partita della Lazio: in realtà è una vicenda che riguarda lo Stato e la storia di questo Paese. Come è cambiata la sua considerazione riguardo lo Stato dopo la sentenza e chi le è stato vicino in questi cinque anni?
“Come abbiamo detto sin da subito sia il capo della Polizia dottor Manganelli e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, si sono accostati alla nostra famiglia e ci sono stati veramente vicini in tutti i sensi. Quello che ho provato in questi cinque anni è stato un qualcosa che non so come definirlo, se spiacevole o fastidioso: dopo quello che è successo quella domenica mattina mi sono reso conto che in Italia purtroppo da parte della stampa e di una parte della burocrazia ci sta molta ipocrisia e falsità. Noi abbiamo dovuto lottare per far emergere la verità. Ancora voglio ricordare e sottolineare quella conferenza che ci fu subito dopo l’omicidio di mio figlio: di conferenza stampa non aveva nulla, tant’è che vorrei rimproverare, come ho già fatto, tutti i giornalisti perché dovevano alzarsi e andarsene; non si può fare una conferenza stampa e non dar modo di fare domande e quello era già un segnale evidente di come si fossero svolti i fatti. E poi tutte le bugie: Gabriele violento, Gabriele con i sassi in tasca, tutte cose distorte e non vere. Gabriele era un ragazzo come tanti, era un ragazzo che viveva la sua vita, aveva il suo lavoro, era tutto tranne che un violento, questa è la cosa che mi ha fatto più male e difficilmente potrò perdonare chi ha detto queste cose. A differenza magari, con un percorso diverso, se ci fosse stata da parte dell’omicida di mio figlio una richiesta di scuse, potevo anche pensarlo e invece questo non c’è stato. Quello che mi ha dato più fastidio è stato distorcere la verità”.
Un messaggio che vorrebbe mandare a tutti i ragazzi che vivono lo stadio ma soprattutto sono a contatto con questa realtà, con questo Paese?
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