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Diego Perotti ©Getty Images

Nel corso di un’interessante e lunga intervista a ‘il Romanista’, Diego Perotti ha parlato a 360 gradi della sua carriera da calciatore, parlando anche dei momenti più bui e del difficile rapporto con Luciano Spalletti, nonché della partita con l’Inter e della mancata concessione del rigore per un netto fallo di Skriniar.

Retroscena Perotti, dal Boca a Spalletti

Ecco alcune delle dichiarazioni rilasciate dall’attaccante argentino: «Il gol al Genoa del 28 maggio scorso. Mi ha cambiato la vita».

La tua vita da calciatore l’hai messa in discussione più di una volta. Perché?
«Gli infortuni. A Siviglia, al Boca. Ho fatto un intervento per l’ernia del disco, ma prima di quello un intervento per gli stiramenti al flessore e nonostante l’operazione ho continuato a stirarmi. Poi ho avuto anche problemi al polpaccio e al quadricipite: quando sono tornato al Boca sono rimasto quattro mesi e ho giocato solo due partite. Lì sono stato male. Non riuscivo a giocare».

Neppure i medici riuscirono a capire i motivi del tuo problema?
«La cosa strana è che mi facevano qualsiasi tipo di esame, ma nessuno individuava un motivo per cui avrei dovuto lasciare il calcio. Io mi auguravo un responso, l’avrei accettato. Mi sarei fatto una ragione. Mi dicevano che ero sano, eppure non potevo giocare. Io non uscivo la sera, non fumavo, non bevevo, guardavo gli altri compagni che facevano una vita meno regolare della mia e mi chiedevo come facessero a giocare. Neppure ora che gioco so perché mi succedeva e perché adesso non mi accade. Penso che ci sia stato uno scatto mentale, ma soprattutto è importante il lavoro di forza e di prevenzione che faccio. Adesso devo arrivare sempre un’ora prima per lavorare in palestra».

Volevi lasciare il calcio?
«È vero. Quando ero più piccolo era un problema di autostima, pensavo di non avere le qualità. Ci sono tanti giocatori che magari a dodici o tredici anni sembrano fortissimi, poi a diciotto si perdono e non arrivano a giocare nemmeno in B. Al Boca c’erano dei ragazzi fortissimi, ma non sono emersi. Così come accade l’inverso. Nel mio caso l’allenatore non mi faceva giocare»

La Roma ti porterà al Mondiale?
«Se non fossi mai andato in nazionale direi di no. Ma dopo la convocazione, anche se ho ancora poche possibilità di farmi vedere fino al Mondiale, ci penso. Gioco la Champions e sono in una squadra che punta allo scudetto e sto avendo continuità, a differenza del finale della stagione scorsa…».

Colpa di Spalletti? Saresti rimasto con lui allenatore?
«Non direi “colpa”, sono scelte. Non so se sarei rimasto, probabilmente no, non sarei rimasto. È vero che quel gol al Genoa mi ha cambiato molto. Il calcio a volte è ingrato, un episodio ti toglie tanto e un episodio ti restituisce tanto».

A proposito dell’Inter, perché non ti hanno dato il rigore? Cosa avete detto all’arbitro?
«Di tutto… (ride). Ma c’è il Var. Quando succedono episodi di questo genere pensi che ce l’hanno con te. Bisogna essere più forti di questi pensieri negativi. Ci vuole prudenza perché non sai quando usano la tecnologia, ma sai che la usano, quindi è inutile buttarsi o fare una sciocchezza, è dannoso. Noi pensiamo a noi stessi e al nostro percorso tecnico, finora è stato positivo. Con l’Inter non meritavamo la sconfitta. L’unica partita che abbiamo sbagliato è quella con il Napoli, anzi solo il primo tempo di quella partita».

A proposito di numero 10, la prenderesti?
«No, no. La prenderei solo se Francesco viene e me la dà, mi è sempre piaciuto come numero ma l’8 mi piace, mi rappresenta a Roma e poi so quello che significa per i tifosi il 10. Sta bene dove ha finito».

E tu dove sei finito?
«Nel posto dove sarei voluto essere. Nel posto dove è cambiata la mia vita e dove nascerà il mio secondo figlio».

 

Daniele Trecca

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Daniele Trecca

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