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Nainggolan

(T. Carmellini) Incredibile ma vero. La Roma riesce a perdere una partita dominata dall’inizio alla fine, nella quale concede alla Samp di Zenga solo tre tiri in porta in tutta la partita. Beh, riesce ad incassare due gol incredibili della serie: la fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo.

La squadra di Garcia raccoglie la prima sconfitta stagionale dopo averci provato in ogni modo. Ma si perde negli ultimi metri, crea confusione, non buca la foresta di gambe piazzate lì davanti e trova un Viviano in grande serata. Dzeko è servito male e poco e i movimenti sono quelli «vecchi» come se non ci fosse lì davanti un centravanti così. Non basta per giustificare questa sconfitta amarissima che conclama un’altra stagione maledetta: non tanto per il ko assurdo, quanto per il modo in cui è maturato.

E tornano alla mente spettri del passato, vecchi malori come quella «pareggite» che aveva costretto la Roma ad inseguire nella scorsa stagione culminata con l’ingresso in Champions forse solo per incapacità altrui. E a inseguire poi sul mercato un attaccante di peso che fin qui però non ha fatto la differenza pur dimostrando di essere un grande giocatore. Tra i vecchi problemi riemersi a Marassi infatti c’è quello del gol: non basta evidentemente l’arrivo di Dzeko fermo finora a quota «1». La squadra fa tutto bene fino a venti metri, poi fatica a trovare la via del gol: esattamente come nella scorsa stagione. Poi se a questo si aggiunge una sfiga cosmica (mai un rimpallo, mai una spizzata dalla sua parte) e un Banti che sbaglia tutto quello che può (compreso un rigore negato per un mani netto in area), la frittata è fatta.

Così la Roma di Garcia, che trita la Samp in tutte le zone del campo dall’inizio alla fine, torna con le pive nel sacco e a mani vuote dalla trasferta di Genova. Un solo tiro in porta della Samp dopo nove minuti di gioco, il secondo arriva su calcio piazzato dopo cinque della ripresa: punizione di Eder che buca la barriera (piazzata male da De Sanctis) e Samp in vantaggio. Finita? Macché, la Roma continua macinare gioco, arriva da tutte le parti ma trova sempre Viviano a dirle di «no» fino all’inevitabile gol del pareggio targato Salah. A quel punto la Roma aveva il dovere di portarla dalla sua parte e ci ha provato a testa bassa prima della beffa finale. Terzo tiro in porta della serata doriana, palla sporcata da De Sanctis e svirgolata clamorosa di Manolas per un autogol al veleno che ammazza i giallorossi. Il calcio è una strana roba.

Finale tutto in avanti ma il Dio del pallone ha già sfornato il suo verdetto e non è a favore di una Roma. Ora la vetta è sette punti più su e inizia un’altra stagione di ricorsa: ammesso che questa squadra abbia la capacità di far bottino di quanto di buono visto a Marassi. E che Garcia capisca che col turnover fatto fin qui non si va da nessuna parte. I punti lasciati all’Olimpico col Sassuolo oggi fanno ancora più male.

f s

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