Calcio, Petrini: ”Dico ai ragazzi di stare attenti. Contano più i risultati della vita di un uomo”
Ieri è andata in onda su Italia 1 l’ultima intervista concessa da Carlo Petrini prima di morire. Le sue dichiarazioni sono scioccanti
Una foto dell'ex calciatore Carlo Petrini
CALCIO PETRINI INTERVISTA IENE / WEB – Ieri sera, Le Iene, in onda su Italia 1, hanno trasmesso l’ultima intervista concessa da Carlo Petrini prima di morire. L’inviato Paolo Calabresi era andato a trovarlo nella sua abitazione circa due mesi fa. L’ex giocatore è apparso davanti alle telecamere in una condizione ormai troppo debilitata dalla malattia: senza capelli e quasi incapace di articolare le parole. L’ex attaccante di Genoa, Bologna, Roma, Milan e Torino ha parlato a Calabresi della propria malattia e delle sostanze assunte quando era ancora calciatore. Ecco una parte dell’intervista:
Petrini: Ho un tumore maligno al cervello, un tumore al polmone, un tumore al rene, al colon…. Calabresi: Secondo te perché ti sei ammalato? Petrini: Tutta la robaccia che ho preso mentre giocavo. Calabresi: Perché, che robaccia hai preso? Petrini: Parliamo di anfetamine, di punture… erano tutte quelle cose che ci permettevano di andare a mille all’ora in qualsiasi momento. Calabresi: Quando assumevate queste sostanze? Petrini: Di solito prima della partita. Calabresi: Era tutta roba illegale da considerarsi quindi doping? Petrini: Sicuramente.
Calabresi: Tu sapevi che cosa stavi prendendo? Petrini: No, io non sapevo quello che stavo prendendo… mi hanno sempre detto che loro mi davano cose che non mi facevano male. Calabresi: E come fai ad essere sicuro che ciò che ti davano non fossero semplici cure ma doping illegale? Petrini: Perché le reazioni che ho avuto sul campo erano straordinarie… volavi, praticamente avevi una forza in corpo che non era naturale. Calabresi: Che altri sintomi vi provocava? Petrini: Bava alla bocca nei momenti di maggior sforzo… noi abbiamo fatto anche da cavie in quel periodo… la vita di un ragazzo di vent’anni non interessava allora. Calabresi: Queste sostanze proibite le prendevano tutti? Petrini: Quasi tutti. Calabresi: Tutti sapevano, anche i medici sportivi? Petrini:Erano loro che portavano il bottiglino dal quale estraevano questo liquido e poi facevano la puntura. Sapevano tutto.
Calabresi: Anche gli allenatori e i presidenti sapevano? Petrini: Ma certo. Calabresi: Ti sei pentito di aver preso quella roba? Petrini: Troppo facile dirlo ora. No, non mi sono pentito.
Calabresi: Esiste ancora il doping secondo te? Petrini: Questi ragazzi sono obbligati a farlo perché giocano talmente tanto, a dei ritmi talmente elevati che non so come facciano a resistere per 60-65 partite all’anno. Calabresi: Rischiano di ammalarsi come te? Petrini: Io non lo so. So soltanto che più di duecento ragazzi del mio tempo sono morti di malattie terribili. Calabresi: Secondo te sono morti tutti a causa del calcio? Petrini:Per ora l’unica cosa certa che c’è è che tutti i ragazzi che non ci sono più, e che sono morti, hanno fatto solo un mestiere, hanno solo giocato a calcio. Calabresi: Perché hai deciso di raccontare tutto? Petrini: Quando sono tornato in Italia e ho visto quanta gente era morta, è lì che mi sono incazzato, nel vedere che tanti ragazzi non c’erano più.
Calabresi: Che dici agli ex calciatori malati come te che non denunciano? Petrini: Bisognerebbe che trovassero il coraggio di guardarsi dentro… Calabresi: E ai ragazzi che iniziano a fare questo mestiere? Petrini: Di stare attenti solo… veramente molto, molto attenti… perché qui contano molto più i risultati che la vita di un uomo. Io non devo insegnare niente a nessuno, devo solo mantenere la mia vita come l’ho mantenuta fino adesso.