L’Arena: «Il boato, le urla, la paura. L’Hellas nella tragedia…»

Prima di Roma-Verona, ’77-’78, il disastro del treno deragliato

Gianfranco Zigoni fu tra i sopravvissuti del deragliamento del treno nel 1977
Gianfranco Zigoni fu tra i sopravvissuti del deragliamento del treno nel 1977

TRENO DERAGLIATO/ASROMALIVE.IT – Pioveva fitto, dietro i finestrini. Ma lì, nel vagone ristorante, c’erano molti sorrisi. Allegria. Quella rumorosa, contagiosa di Zigoni, ad esempio. Battutacce. O quella del ragazzino, Beniamino Vignola, prima volta in trasferta con i grandi, figurarsi l’emozione. Per essere sul quel treno gli avevano fatto saltare la scuola. «Stavo uscendo, mattino presto» ricorda Vignola. «La mamma risponde al telefono, mi dice, è il Verona, devi andare con i grandi. Ero due volte felice. Perchè saltavo scuola e perchè partivo per Roma. Senza sapere che quella poteva essere la fine». In quel vagone il Verona era arrivato da poco. Pochissimo. «Una fortuna incredibile» ricorda Zigoni. «Con noi venne anche una ragazza che avevamo conosciuto sul treno. Fu la sua salvezza». Il racconto è nitido, gli anni son passati invano. «Come si fa a dimenticare?» dice in un soffio Ciccio Mascetti. «Allora – riprende Zigoni – ci sediamo al ristorante. Io, Kojak Superchi, Trevisanello e Franzot. Un buon bicchiere di vino, stiamo alzando i bicchieri per brindare al Verona e alla partita di Roma». Un brindisi che non ci sarà mai. «Ci avevano chiamato per il pranzo da pochi minuti» spiega Giancarlo Fiumi, segretario del Verona. Sarebbe bastato saltare quel turno e andare a pranzo più tardi per restare sulle vetture dove poi si consumò la tragedia». Fiumi ricorda, vede la morte in faccia. «Ero seduto davanti a Valcareggi. Sentii un boato, pensai a un attentato, quello era il periodo giusto, purtroppo». L’impatto avviene a un quarto alle 2, minuto più, minuto meno. Un rumore tremendo, stridore di freni, urla agghiaccianti, seguiti da un silenzio irreale. Il silenzio della morte. «Mi arrivò addosso un cameriere» ricorda Zigoni. «Cosa fa questo?» pensai. «Poi lo vidi partire, scaraventato sul fondo del vagone». Nessuno ha ancora messo a fuoco che cosa sta accadendo. «Ci piegammo su un lato» va indietro con i pensieri Ciccio Mascetti. «Fu tremendo, non sapevamo quando, come sarebbe finita. Attimi indimenticabili». E Zigoni. «Mi sono visto sfracellato, sono stato attimi, forse 10-15 secondi, lunghi un’eternità». Il finimondo. Urla, lacrime, disperazione, richieste d’aiuto. Terrore. «Ci siano contati – racconta Mascetti – per vedere se c’eravamo tutti, se qualcuno aveva avuto problemi». Terribile. «Non riuscivamo a trovare Zigoni», disse Valcareggi. «Dov’è Zigo, dov’è Zigo, urlavo. Non c’era, era scappato, si era nascosto». Zigoni che scappa? «No, non ero scappato, io non scappavo mai. Mi ricordo di Nuvolari, il nostro accompagnatore, ferito, in mezzo al fango. E di un bambino tedesco che piangeva chiamando la mamma e il papà. Chissà se poi riuscì a trovarli…». Zigoni si commuove. Poi dribbla via l’emozione, c’è spazio per qualche amaro sorriso. «C’era Busatta sotto un tavolino, Maddè in piedi su un altro, Valcareggi sembrava un pazzo, era il più scosso di tutti. Urlava frasi senza senso…» Vignola conferma. «Pronti per il riscaldamento, urlava il mister. Ma era difficile mantenere la calma». «La prima tentazione fu quella di scappare e provare a metterci in salvo», ammette Mascetti. «Vicino passava un’autostrada, andammo per chiedere aiuto». S’incamminarono in tre: «Col Ciccio, eravamo io e Zigoni» dice Maddè. «Passò un camion di militari, si fermò. Io presi in braccio una persona anziana, ferita. Sanguinava. Una sforzo enorme, in condizioni impossibili».

Fonte: larena.it

Impostazioni privacy