Calcioscommesse, Tommasi: “La riforma va fatta non nel mezzo dei processi”

Considerazioni dell’ex calciatore sulla riforma della giustizia sportiva, giudici di linea e “linea verde”

Damiano Tommasi

ASSOCALCIATORI TOMMASI / ASROMALIVE.IT – Ha parlato all’Ansa il presidente dell’Assocalciatori Damiano Tommasi che si è espresso in merito a varie tematiche riguardanti la giustizia sportiva

La riforma della giustizia sportiva non è un argomento tabù però, per capire come e dove modificare, l’analisi va fatta in un altro momento che non sia ora, nel bel mezzo dei processi. È l’altra faccia della medaglia rispetto a quelli che non hanno potuto giocare e si sentono accusati ingiustamente. Purtroppo i tempi della giustizia sportiva sono questi: si è iniziato il campionato nonostante ci fossero ancora dei ricorsi di alcune squadre. L’argomento è sentito, per tante cose i giocatori faticano a darsi una spiegazione. Molti non capiscono perchè un arrestato possa giocare e chi è stato solo ascoltato dalla Procura della Repubblica poi è stato sanzionato dalla giustizia sportiva. I giocatori stanno imparando la normativa, quello che è concesso o no. Alcuni giovani scoprono che firmando il contratto da professionista non possono più scommettere. Nei prossimi mesi insisteremo nella nostra opera di sensibilizzazione nei settori giovanili, lì c’è poca informazione e tanto rischio”.

SUI GIUDICI DI LINEA: “L’idea era stata ben accolta da subitoDue persone in più che valutano diminuiscono il margine d’errore, purchè tutti siano d’accordo che l’errore ci può sempre stare”.

SULLA “LINEA VERDE”: Già le ultime convocazioni della Nazionale sono state un bel segnale. È sempre più difficile rischiare un giovane, perchè sappiamo quanto sia precaria la vita degli allenatori in Italia. Però spero che abbiano il coraggio di lanciare i giovani e farli giocare. In Italia la tendenza è investire più sui giovani stranieri che hanno avuto esperienza nei loro campionati e quindi sembrano più avanti. Ma in Italia i giovani ci sono, bisogna solo avere il coraggio di farli giocare e si può arrivare all’obiettivo magari senza obbligare gli allenatori a metterli in campo”.

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