AS ROMA Garcia: “Unico rimpianto il primo tempo di Napoli. Il nostro gioco si basa sul possesso e sul pressing”

Rudi Garcia
Rudi Garcia

Queste le parole dell’allenatore della Roma Rudi Garcia, intervistato da Roma Tv:

La sua autobiografia?

“Non pensavo ci fosse molto da dire, invece abbiamo fatto quasi 300 pagine. Era un buon momento per guardare al passato. Io sono più un uomo del presente. Lavoro ogni giorno per il futuro. Ma è buono anche guardare quanto fatto. Adesso siamo secondi. Ma se cancelliamo la partita con la Juve siamo alla stessa posizione. Dopo quattro giornate del girone di Champions possiamo ancora qualificarci. Nelle prime 4 giornate due volte con il Bayern ed una in casa del City, non mi sarei mai aspettato questa posizione. Sapevamo che dovevamo vincere con il CSKA”

Cosa ha funzionato e cosa no?

“Il gioco è sempre lo stesso. Dopo forse c’è solo un rimpianto, non èessere entrati nel primo tempo di Napoli. Non ho rimpianti se non con il Napoli, neanche con il Bayern. Potevamo pareggiare con Gervinho sull’1-0, poi c’è stato un calo. Quest’anno il massimo in Europa è superare il girone. E’ un obiettivo molto alto”.

“All’inizio le cose erano un po’ difficili. Vedere il lavoro che è stato fatto ci rende fieri, ma non dobbiamo adagiarci sugli allori. Il meglio deve ancora venire.”

L’incontro con Sabatini?

“Walter è una persona speciale, molto intelligente, molto psicologo, molto intuitivo. Anche io lo sono. Massara ci faceva da traduttore, ma ho capito da subito la bella sfida che sarebbe stata”.

Le piacciono molto le persone che vengono dal basso?

“Sì, è un percorso interessante crescere nelle difficoltà. Quando uno ha la passione può riuscire a trovare la sua strada. Ci sono perosne che mi hanno aiutato, facendo la scelta di prendermi. E questo non lo dimentico, perché è importante vedere da dove veniamo”.

Il video del “porompompero”?

“C’è un Rudi Garcia in privato che è differente da quello che conosce la gente. Amo la mia famiglia, amo fare gli scherzi con gli amici. Questo video l’ho fatto 1 o 2 anni dopo il mio arrivo a Lille, ma può essere pericoloso l’utilizzo che ne fanno i media. Sentire De Rossi dire: “Credevamo fosse arrivato un cantante, invece è un grande allenatore” mi ha fatto molto piacere”.

Pallotta?

“Si prende cura degli altri. E’ una persona normale anche se è il Presidente. Ci siamo conosciuti a New York. Mi è piaciuto molto, anche il suo team. Sono tutti amici, e hanno questa passione di portare in alto la Roma”.

Il pressing molto alto?

“Bisogna avere giocatori che danno il segnale del pressing, può essere Gervinho, ma chiunque. E’ molto difficile per l’avversario uscire in modo tranquillo. Se guadagniamo palla nella loro metà con 2 o 3 passaggi siamo in porta. Mi piace come fanno il pressing. Può nascere sempre i gol da una palla rubata. Lo fa spesso Nainggolan, ma anche Mapou”.

Il possesso palla?

“Il possesso palla è fatto per trovare spazi per attaccare. Se c’è molta densità al centro dobbiamo allargare il gioco. E’ importante avere molto giocatori vicini, cerchiamo spazi e finché non li troviamo teniamo palla. Quando siamo tutti nel campo avversario cerchiamo sempre di non tornare indietro. I 3 attaccanti sono spesso al centro del gioco e diventa difficile per l’avversario seguirli. Il possesso palla stanca gli avversari, fisicamente e mentalmente. Gli avversari si stancano a rincorrere gli uomini”.

Gli attaccanti?

“Sanno che per me non importa la posizione loro, ma importa che chi sta sulle fasce aiuti i terzini e i centrocampisti. Mettere densità difensiva dove sta la palla complica la vita agli avversari. Quando abbiamo giocatori veloci come Gervinho o Iturbe abbiamo possibilità di andare avanti velocemente. Possiamo giocare sia in possesso palla che in ripartenze veloci”.

Gervinho?

“E’ sempre stato così, non segna molti gol, ma fa tanti assist, e 3 volte su 4 rientra nelle azioni da gol. Possiamo avere i campioni o i giocatori bravi, ma è necessario che ci siano i rapporti umani”.

(Gli viene mostarto un campo di Subbuteo con in campo Roma e Lille). Le chi prenderebbe tra la Roma e il Lille?

“La Roma. Il Lille è sempre nel mio cuore. Io sono un uomo del presente. A Lille sono stato 11 anni, 6 come calciatore, 5 da allenatore, ma io sono l’allenatore della Roma”

4-3-3?

“E’ il mio modulo preferito. Con Pjanic è facile cambiare modulo e passare al rombo. La difesa a 4 è un punto fermo. A volte ho usato la difesa a 3. Quando sei in vantaggio pensi che mettere un giocatore in difesa serve a proteggere, invece attire l’avversario nella tua area. Penso che bisogna mettere giocatori freschi nei ruoli originari”.

Le piacerebbe allenare la Francia?

“E’ un altro mestiere.Anche se non lo conosco ho avuto modo di parlare con Deschamps. Non hai una tua rosa, ogni domenica vedi una partita diversa. Fare l’allenatore di club, invece, di consuma da dentro. Al momento non è nella mia mentalità lavorare così. Magari un giorno, per rifiatare, un anno senza allenare o da c.t. potrebbe essere un buon modo per vivere con un po’ meno di pressione”.

L’incontro per venire alla Roma due anni fa…

“Ero curioso di vedere i dirigenti della Roma. Ero tranquillo, in piena riflessione. Avevo ancora un anno di contratto a Lille. Se non avessi fatto l’allenatore avrei fatto il giornalista o commentatore, mi piace molto come mestiere”.

Il problema dell’integrazione…

“La società dovrebbe prendere esempio dallo sport. Nello sport non si guarda al colore della pelle, alla sua religione. E’ fantastico. Bisogna solo vedere se è un bravo giocatore. Non guardo a ciò che succede sugli spalti, al razzismo. Nello spogliatoio

Ha mai fatto discorsi epici come quelli dei film, alla “Al Pacino”?

“Ci sono momenti forti in una stagione. Il lato intuitivo dell’allenatore è molto importante. Bisogna sentire che c’è da dire e al momento giusto. Stiamo facendo cose importanti quest’anno. E poi bisogna vedere anche come comunicare fuori, all’esterno dello spogliatoio”.

I tifosi della Roma?

“E’ una domanda di attualità. Questa settimana sono andato a Tor Vergata, all’università. E la carica che mi hanno dato è stato fantastico. Qui s parla di questo fantasma: l’ambiente. Non si sa cosa sia, se i tifosi, i media, i gatti. La vera carica la danno i tifosi, sempre: in  casa o in trasferta è uguale. L’ho detto ai giocatori, bisogna dare tutto in campo e gioire con i nostri tifosi”.

Che foto metterà sul pullman?

“Avevo già parlato con i dirigenti dell’importanza del pullman. Arrivare in ogni stadio d’Europa con il nostro pullman. E’ un bel messaggio che dai agli avversari, di un grande club”.

Un pensiero sul padre…

“Basta quanto scritto sul libro. Ogni giorno è con me, e mi da la carica per fare sempre meglio. Mi guarda dall’alto e mi dà soddisfazione il fatto di dare il massimo anche per lui”.

Fonte: roma tv

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