LA REPUBBLICA Il Barça vuole divertirsi, la Roma delle figuracce stavolta ne prende sei

Iago Falque
Iago Falque

(E. Sisti) – Non sette ma sei. Cambia qualcosa? Sì, che la Roma diventa l’unica squadra ad aver preso per tre volte almeno sei gol in Champions dal 2006. Spontaneo e semplice l’istant tweet che riassume la trama del film appena visto: “Ve ce sapete mette co li ragazzini!”. Effettivamente la sensazione era quella. I difensori giallorossi sembravano ragazzini alle prime armi, preda delle magiche scorribande della squadra che solo in paradiso, della squadra che non si ferma, della squadra del prato sotto casa e chissene importa se mamma chiama dalla finestra strillando che è ora di rientrare per la cena, chissene importa se ci sono punti in palio e se ci stiamo solo giocando una gazzosa. Meraviglie e paradossi. Nella sera in cui scopre che per accedere agli ottavi potrebbe bastarle un pareggio contro il Bate all’Olimpico fra due settimane, la Roma rimedia l’ennesimo spintone sul ciglio della porta: “Noi facciamo un altro sport, tu resta fuori”. Un vetro a separare due mondi. Eppure la Roma esce dal Camp Nou ugualmente confortata, anche così, sconocchiata dai fatti, fatti che hanno assunto le sembianze di “quei tre” che penetravano nella difesa giallorossa facendola sembrare una padella per caldarroste (quello che conta sono i buchi), o di Rakitic e Busquets che recuperavano qualunque palla vagante. Malgrado tutto, malgrado l’atroce lezione, gli ottavi stanno lì.

La partita è stata sublime e mortificante. E’ Messi, “tornato a casa” dopo l’infortunio, quello che spacca tutto. La Roma non ha tempi e slanci per interrompere lo spettacolo, si vede la crepa della lentezza allungarsi sul muro dell’ipotetica difesa. La Roma rischia addirittura di andare in vantaggio (Dzeko). Poi il diluvio. Al 15’ il taglio di Neymar brucia l’erba, perché lo spettacoloso pallone ha dentro il fuoco sacro della bellezza, Alves mette Suarez dentro la porta: 1-0. Si replica: Neymar, Suarez, lancio a colombella, Messi va d’interno sinistro saltando a piè pari chiunque si trovasse sulla linea di porta (ed erano in molti): 2-0 al 18’. Che vogliamo fare? Se il Barcellona gioca a memoria ed esprime amore, la Roma gioca con una sola memoria: quella del Bayern e del Manchester. E’ chiaro come il sole che i ritmi dei giallorossi, presi uno per uno, non possono competere con nessun aspetto del gioco avversario, né di fronte al possesso palla, né sulle seconde palle, né davanti ai triangoli rapidi, né ai tagli profondi, né possono impedire i lanci a servire chi si smarca a velocità insopportabili. La Roma fa quello che può, che è qualcosa di molto simile al nulla. Può solo sognare che al Barça basti così (come bastò al Bayern lo scorso anno all’Allianz Arena). Ma accadrà l’opposto. Viva la Roma che impegna Ter Stegen con Florenzi al 41’. Non l’avesse mai fatto: Suarez s’inventa un collo esterno al volo da far tremare i polsi: 3-0 al 44’. Garcia riparte col 4-3-3 togliendo Nainggolan diffidato. Dzeko e Falque fanno una cosa da Barcellona al 9’: ma Ter Stegen c’è. Ancora una volta la risposta è letale, un uomo di casa entra per la terza volta dentro la porta, stavolta è Piqué servito da Messi (9’). Szczesny non trattiene, Messi non può esimersi: 5-0 al 15’, un’ora esatta di gioco. Basterà la manita? Uçan entra e commette fallo da rigore su Neymar che sbaglia dal dischetto, arriva come un treno Adriano e fa 6-0. Dzeko toglie lo zero dal risultato. Forse non poteva che andare così. O forse no.

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