Smalling, difesa al sicuro: “Ho scelto la Roma per la città e per la tifoseria”

Smalling, difesa al sicuro: “Ho scelto la Roma per la città e per la tifoseria. Finora è andato meglio di quanto immaginassi”.

Smalling @ Getty Images

In una lunga intervista rilasciata al sito ufficiale della Roma, il nuovo difensore giallorosso Chris Smalling ha parlato della sua carriera e dell’impatto con la nuova realtà della Serie A e l’Italia.

Chris, partiamo dall’inizio. Quali sono i tuoi primi ricordi legati al calcio?

“Probabilmente, il mio primo ricordo legato al calcio è di quando mio fratello e io giocavamo in giardino. Mia madre ci iscrisse subito in una squadra a due passi da casa nostra, i Walderslade Boys, forse eravamo nell’Under 7. Penso che sia anche il mio primo ricordo in assoluto. Ho giocato lì fino all’Under 12 o Under 13. È stata una fortuna avere una squadra a due passi da casa. È così che tutto è cominciato”.

Quali sono i momenti migliori della tua esperienza al Manchester United?

“Forse il primo titolo di Premier League alla prima stagione, ho avuto modo di pensare alle delusioni avute da giovane e a tutti gli sforzi fatti per arrivare sin lì. È il sogno di tanti ragazzi, e realizzarlo è tra le cose migliori. Un’altra cosa molto importante per me è stata indossare la fascia di capitano in finale di Coppa di Lega e vincere. Poi c’è anche il gol nel derby che, specialmente per un difensore, è sempre una bella sensazione. Insomma, tante belle cose”.

In che modo sei cambiato come persona, dalla tua prima volta in campo fino a ciò che sei oggi, qui alla Roma?

“È il calcio. Il calcio è così veloce che passi dall’essere uno tra i più giovani a uno tra i più esperti in breve tempo. Io penso di averlo fatto ispirandomi ai giocatori più esperti, guardandoli e prendendo da loro le cose che facevano in allenamento e fuori dal campo. Adesso eccomi qua. Sono orgoglioso di come mi comporto fuori dal campo, so che ci sono alcuni giovani in squadra che prenderanno me come loro modello. Comunque mi piace questa transizione che mi porta a essere un giocatore maturo in ogni aspetto”.

Sapevi già in questa estate che, molto probabilmente, ti aspettava una nuova sfida?

“Domanda interessante, per cominciare direi che la porta è sempre stata aperta. Ovviamente ho firmato un rinnovo non molto tempo fa e parlavo spesso col mister, prima della preparazione, nel precampionato e all’inizio della stagione. Volevo mantenere un dialogo aperto e, sapendo le opportunità a disposizione, valutare cosa fosse meglio per me. Poi, quando ho detto al mister i miei desideri e di come vorrei sfruttare al massimo le stagioni che mi restano, credo che il panorama si sia fatto più chiaro. L’opportunità è arrivata quasi alla fine della finestra di mercato. Io volevo davvero far parte della squadra, avere un ruolo attivo in ogni partita e non solo ogni tanto. Ero in un momento in cui volevo scendere in campo in ogni occasione”.

Trasferirti all’estero è stato un elemento interessante di questa opportunità o solo un qualcosa in più?

“Non ho mai scartato alcuna ipotesi, andare all’estero o meno, la cosa più importante era il club, a cosa ambisce, quali sono gli obiettivi stagionali e se sono in linea con ciò che voglio io. Dopo aver parlato col mister sulla sua idea di gioco e su come mi avrebbe inserito, non ho avuto bisogno di altro. Poi penso che andare all’estero, in un Paese e una città di cui si parla un gran bene e in un club con una tifoseria meravigliosa… penso che sia un bonus non da poco poter giocare e sperimentare una nuova cultura”.

Sta andando tutto come ti aspettavi?

“Sì, forse anche meglio. Certo, ho saltato le prime due partite, ma stare bene adesso e, tocchiamo ferro, per il resto della stagione vuol dire poter essere determinante in campo, e questo rende il passaggio più facile per quanto riguarda la conoscenza dei compagni dentro e fuori dal campo. La mia famiglia mi ha raggiunto e abbiamo anche preso casa. Tutte le questioni extra-campo stanno andando al loro posto, quindi spero che continui ad andare tutto per il meglio”.

La partita in sé non è andata benissimo, ma contro l’Atalanta hai vinto un bel contrasto contro Zapata un bel biglietto da visita per i tuoi tifosi.

“Sì, abbiamo preparato quella partita e mi aspettavo che Zapata partisse titolare perché è uno dei calciatori più pericolosi dell’Atalanta. Ogni squadra comunque ha tante minacce, è come in Inghilterra, non esistono partite facili, sono le piccole cose a fare la differenza. Ecco perché bisogna sempre essere attenti e concentrati”.

C’è qualche compagno di squadra che ti sta particolarmente aiutando ad ambientarti?

“Sì, onestamente devo dire di essere stato fortunato anche con i preparatori che parlano un buon inglese, e anche tanti giocatori in squadra mi capiscono, una buona metà della rosa ha un ottimo livello di lingua. Tuttavia, voglio imparare l’italiano, sono ancora all’inizio. Per ora sono stato molto fortunato anche col resto, col cibo, con l’assistenza fuori dal campo, con il trasloco, è tutto perfetto.”

Hai già giocato in difesa insieme a Federico Fazio e Gianluca Mancini. Come sta andando?

“Credo che sia stato facile inserirmi nel gioco al loro fianco. In allenamento cambiamo e dividiamo spesso gli accoppiamenti per migliorare l’affiatamento e affrontare scenari diversi tra loro. La pausa per le nazionali ci dà veramente modo di lavorare sulla linea difensiva da mettere in campo, mantenere la posizione, andare in supporto, scambi e tutto il resto. Spesso, quando si gioca ogni tre giorni, è difficile potersi allenare seriamente, ecco perché la pausa per le nazionali ci permette di lavorare a fondo, specialmente per chi non c’era durante la preparazione. Spero quindi di poter giocare bene al fianco di chiunque.”

Come sta andando col mister dal vostro primo incontro in poi?

“Penso che sia molto intelligente. Abbiamo parlato per la prima volta al telefono, io ero ancora a Manchester e lui mi descriveva che tipo di difensore voleva, come le mie caratteristiche lo riflettessero e del fatto che mi volesse nella sua squadra. Me lo ha fatto proprio sentire, e una volta finita la chiamata, mi sono detto: ‘Facciamolo’. È bello lavorare con lui, credo che l’aggressività e il modo in cui vuole che giochiamo siano molto adatti a me. Inoltre, tutto lo staff ci incoraggia continuamente mostrandoci delle clip che descrivono su cosa e come dobbiamo lavorare e migliorare. Mi sembra di imparare qualcosa ogni giorno, mi sto trovando molto bene”.

Parlando di cose meno gradevoli, ultimamente si è parlato molto di razzismo. Hai notato problemi in campo in Italia?

“Onestamente non ho notato niente in campo, anche se devo ancora imparare la lingua! Io non l’ho mai sperimentato direttamente, ma ovviamente leggo le notizie. Tuttavia, non credo che sia un problema solo dell’Italia, è un fenomeno in crescita anche in Inghilterra. Sembra più una cosa generazionale alla quale bisogna mettere un freno al più presto.

“Penso però che ci sia un legame un po’ più stretto adesso tra i giocatori, tra il calcio e le autroità, perché fino ad adesso c’è stato un grosso divario tra le due realtà e non abbiamo mai avuto davvero una voce in grado di cambiare le cose. Tuttavia, credo che molte persone si stiano facendo avanti per risolvere problemi, sia sui social sia nella vita pubblica, con un numero sempre maggiore di incontri tra governi e federazioni calcistiche. Credo che ci stiamo avvicinando al tipo di sanzioni di cui abbiamo bisogno, quelle veramente dure. Speriamo di poter isolare coloro che non vogliono cambiare e che le nuove generazioni, come mio figlio e altri bambini, non crescano vedendo e pensando che queste cose siano giuste”.

Pensi che l’imposizione di sanzioni giuste debba partire dalle autorità? I giocatori possono lanciare un messaggio abbandonando il campo quando si verificano queste cose? O sono vere entrambe le affermazioni?

“Penso che nel mondo ideale… nel mondo ideale queste cose non succederebbero. In un modo quasi ideale, le autorità dovrebbero prevedere delle sanzioni che facciano pensare la gente due o tre volte prima di agire. Ma finché queste non vengono attuate e se dovesse succedere qualcosa, a me o a un compagno, allora potremmo abbandonare il campo. So che è difficile, perché è una delusione per il 99% dei tifosi che vengono a godersi lo spettacolo e non c’entrano nulla, ma penso che prima o poi sia necessario fare qualcosa. Forse così si può spingere le autorità ad agire più velocemente. Purtroppo prima di poter vedere un vero cambiamento deve succedere sempre qualcosa di grave, questo è vero in tutti gli ambiti, ma io credo che finché non ci sono sanzioni davvero severe, ci avvicineremo sempre di più allo scenario in cui i giocatori abbandonano il campo. Se un giocatore viene preso di mira, allora la squadra deve unirsi intorno a lui, e così sarà”.

Come hai appena detto, sembra un fenomeno che stia tornando piano piano nella società…

“È difficile dire quale sia l’approccio giusto, credo però che adesso si faccia molta più attenzione e che ci sia sempre più gente che ne parli e che prenda una posizione, gente esperta e che ne sa. Insomma, siamo sulla buona strada ma dobbiamo vedere quanto ci vuole per arrivare a destinazione”.

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