Lippi, i retroscena sulla Roma e un pronostico sul futuro di De Rossi

Marcello Lippi in un’intervista sulle frequenze di Non è la Radio ha raccontato alcuni retroscena sulla Roma e parlato del futuro di De Rossi.

Marcello Lippi
Marcello Lippi ©Getty Images

Nel corso del consueto appuntamento sulle frequenze di Non è la Radio, Febbre da Roma ha avuto il grande piacere di intervistare Marcello Lippi, CT dell’Italia Campione del Mondo nel 2006, spaziando dalla ripresa del calcio alle tante vittorie ottenute in carriera, e passando ovviamente per il suo pensiero sulla Roma. Ecco le sue parole:

Buongiorno Mister. La prima domanda è ovviamente sull’attualità: questo è un momento particolare, ma da oggi cominciamo finalmente a vedere la luce in fondo al tunnel.
Oggi tutte le città sono tornate a popolarsi, tutti sono pronti a ripartire in sicurezza. C’è tanto entusiasmo dopo due mesi e mezzo di sofferenza ma speriamo di avere la possibilità di riprenderci, magari anche attraverso il calcio, che viene sempre considerato come qualcosa di diverso e un po’ a sé, ma è un’industria come le altre, con tanti lavoratori normali e non solo i calciatori milionari.

Sul calcio c’è comunque un po’ di confusione al momento.
So che oggi dovrebbero riprendere gli allenamenti collettivi, poi si avrà un mese a disposizione prima della ripartenza. Ieri abbiamo visto riprendere la Bundesliga e abbiamo avuto belle sensazioni da appassionati di calcio. Purtroppo in Italia le polemiche non mancheranno mai, in ogni caso, sia nel bene che nel male. L’importante però è sempre fare le cose, non solo parlarne.

Con il Mondiale del 2006 è diventato l’allenatore di tutti gli italiani, ma nella sua carriera ha fatto tanto altro. Noi la ricordiamo in particolare per le tre finali di Champions con la Juventus. Quale era la squadra più forte tra quelle?
Io di finali di Champions League ne ho fatte quattro, di cui tre consecutive, tra il 1996 e il 1998, e poi quella del 2003. Quelle Juventus erano tutte forti, il valore di una squadra si misura a prescindere dalle vittorie che consegue. In quegli anni la Juventus era una squadra in grado di vincere lo scudetto e arrivare in finale di Champions: questo significa dominare il calcio europeo. Poi una finale puoi anche perderla per un rigore, ma dietro c’è sempre un cammino importante.

A Lippi non possiamo non chiedere qualcosa sul Mondiale del 2006.
Sul Mondiale è bene che tutti sappiano questo: io ho vinto molto, ma non c’è niente di paragonabile a vincere la Coppa del Mondo con i colori del proprio Paese. È stata la vittoria più bella in assoluto, anche perché ottenuta insieme a un gruppo di persone straordinarie.

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Lippi parla della Roma e del futuro di De Rossi

Inevitabili poi dei riferimenti alla Roma da parte dell’ex commissario tecnico campione del mondo con l’Italia nel 2006.

Quando si parla del Mondiale, in chiave Roma si parla sempre di Totti e De Rossi, dimenticando un po’ un calciatore come Simone Perrotta.
Perrotta è stato un punto di riferimento per tutti, un calciatore che faceva la doppia funzione in maniera puntuale, precisa e sempre con grande qualità. Io poi lo conoscevo bene perché lo avevo avuto già alla Juventus. Chiaramente si parla sempre delle stelle, ma sono stati tutti importantissimi: su 23 giocatori hanno giocato in 21, cosa che raramente accade in questo tipo di manifestazioni. Tutti hanno dato qualcosa, a prescindere dai minuti giocati.

Dopo il Mondiale del 2010 Lippi ha fatto una scelta coraggiosa andando ad allenare in Cina. Quanto è stato difficile calarsi in una realtà così diversa?
In realtà non è stato difficile, quella cinese è sicuramente una realtà diversa ma comunque di buon livello. Io poi ho allenato il Guangzhou Evergrande, che è la migliore squadra del Paese, un po’ come la Juventus per fare un paragone, ma che non aveva mai superato i quarti di finale della Champions League asiatica. Quando ho firmato ho parlato subito con il presidente, che mi ha espresso la volontà di vincere quella competizione entro cinque anni. Io ho risposto che dipendeva anche da loro, da quanto fossero disposti a investire in calciatori di livello. Poi la soddisfazione è stata grande per tutta la Cina, compreso il Presidente della Repubblica che è un grande appassionato di calcio, quando abbiamo vinto il torneo in un anno e abbiamo raggiunto anche la prima posizione del ranking asiatico, scavalcando realtà importanti del Giappone e dell’Australia.

Veniamo alla Roma: in qualche occasione sono circolate voci che la volevano sulla panchina giallorossa. C’è mai stato davvero vicino?
No, in realtà non è quasi mai successo. Soprattutto quando ero alla Juventus, non ho mai avuto alcun contatto con i dirigenti della Roma. Poi negli ultimi tempi qualche chiacchierata c’è stata, anche per via dell’ottimo rapporto con Francesco Totti, ma non c’è mai stato nulla di concreto. Comunque mi avrebbe fatto piacere fare un’esperienza sulla panchina della Roma, perché ogni volta che si giocava all’Olimpico, con tutto lo stadio che cantava e tifava, era davvero molto emozionante.

L’ultima domanda è su Daniele De Rossi: secondo lei può diventare un grande allenatore?
Dico una cosa: tutti i calciatori del gruppo che ha vinto il Mondiale del 2006 sono straordinari. Ognuno di loro ha le carte in regola per fare qualsiasi cosa nel calcio, e De Rossi non è da meno. Qualsiasi cosa vorrà fare, sono sicuro che Daniele riuscirà a farla, perché è una persona dalle grande qualità. Potrà fare il dirigente, il team manager, il direttore sportivo, l’allenatore, ma in ogni caso farà sicuramente bene.

A cura di Danilo Conforti

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