Tommasi furioso: “Serie A? Il rischio è che non si concluda”

Il presidente dell’AIC Damiano Tommasi è furioso con la Lega di Serie A: “Ora il rischio è che il campionato non si concluda”.

Il taglio degli stipendi ai calciatori deciso dalla Lega di Serie A non è piaciuto al presidente dell’AIC Damiano Tommasi che in un’intervista pubblicata da “Il Romanista” ha detto che a questo punto non è detto che il campionato di Serie A si concluda regolarmente.

Damiano Tommasi, la Lega ha deciso di tagliare quattro mensilità ai calciatori. Abbiamo letto il vostro durissimo comunicato. Ma sei anche sorpreso dal punto di vista personale?
«Sì, è una follia, è il contrario di quello che dovrebbero fare. Anzi, è il contrario di quello che poi stanno facendo all’interno delle loro società. È un pugno in faccia mentre stavamo prendendo l’aperitivo. Visto che quasi tutti i presidenti o gli amministratori stavano parlando con i loro giocatori per capire come si potrà uscire dalla crisi. Scrivere oggi quel comunicato irrigidirà anche chi era vicino all’accordo».

Quali erano le posizioni prima di questa assemblea?
«Noi eravamo e siamo ancora disponibili ad andare incontro alla Lega, come stiamo facendo con la Lega Pro, cercando ovviamente di capire di quale accordo dobbiamo parlare visto che a tutt’oggi i presidenti stanno tenendo i giocatori vincolati ad allenarsi con i programmi personalizzati e siamo già ad aprile. E molti ragazzi non hanno neanche percepito la mensilità di febbraio…».

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Tommasi ha dei dubbi sul fatto che si tornerà a giocare il campionato in corso, e li espone fino in fondo.

La Lega B che farà?
«Me l’hanno già scritto. Si adegueranno alla A. La regia è la stessa».

Cioè?
«Non mi far fare nomi. Alcuni presidenti sono più attivi di altri, si sa».

I calciatori che ti dicono?
«Eravamo in Consiglio riuniti e poi abbiamo sentito tutti i rappresentanti. Sono tutti perplessi o arrabbiati, alcuni stavano per firmare l’accordo, adesso forse salta tutto».

Il bersaglio non potrebbe essere proprio Damiano Tommasi?
«Può essere, c’è gente perennemente in campagna elettorale, io non sono ricandidabile, di sicuro a molti non sono simpatico».

Eri antipatico pure perché volevi fermare il campionato prima degli altri.
«Anche a casa mi rimproveravano. Ma sentivo le sirene sotto casa a Verona. E parlavo con amici in Cina, a dieci milioni di persone portavano la spesa a casa, e qui si parlava di semplice influenza. Qualcosa non mi tornava. Ora si fanno i protocolli per tornare in campo: ma i tempi li darà il Coronavirus, non noi».

Secondo te si tornerà a giocare? Un medico ieri ci ha detto: ma chi se la prende la responsabilità di riaprire tutto? E se poi ci scappa il morto?
«A oggi non possiamo saperlo, ma il rischio è di chiudere qui. Ho visto il protocollo rilasciato dai medici sportivi, come se fosse un via libera per tornare a giocare. Discorso pericoloso. Test costosissimi che peraltro riguardano solo gli atleti. E gli ambienti? E le persone che circondano gli atleti? E il distanziamento sociale? E chi è stato male che conseguenze fisiche ha? E i tamponi dove li prenderanno? Hamilton ha fissato il parametro: “Prima fatelo ai malati, poi a me”. Mi pare sacrosanto. Noi siamo in contatto con allenatori e medici sportivi per capire, ma si naviga ancora a vista. I centri di medicina sportiva che dovrebbero garantire le idoneità sono ancora chiusi: chi le farebbe le visite? Mi torna in mente il presidente Conte: tutte le attività non necessarie vanno fermate».

Il calcio è necessario?
«Non so, la scuola è ferma. Le chiese sono chiuse. Il calcio ripartirà, ma in un nuova economia».

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